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Bastano veramente poche note per essere catapultati nel mondo sonoro dei Giardini di Mirò, in quell’impasto dal sapore spesso acre che ne caratterizza la cifra stilistica e ne ribadisce la caratura espressiva e formale. Sì perché la loro è musica che si riconosce, è un post-rock ricco di melodie, passaggi cantabili e morbide assonanze che ti porta in una casa dove i piani sonori si sovrappongono senza inutili frenesie, dove le stanze sono sempre arredate con gusto, dove non trovi né un soprammobile in più né una sedia fuori posto. Equilibrio dunque, ma anche sobrietà che sa scendere nel profondo dei significati e sa avvolgere l’ascoltatore.
Good Luck – che riallaccia in maniera decisa i fili del discorso espressivo di Dividing Opinions – è un augurio necessario in tempi di difficoltà e non fa eccezione in una discografia che non conosce flessioni. I brani proposti sono nati in momenti diversi, ma sanno essere omogenei perché il gruppo – dietro ai tamburi siede ora Andrea Mancin – ha metodo, idee chiare, oltre che un approccio al live efficace che poco ha a che vedere con i confini (stililstici e geografici) nazionali. Gli otto passaggi qui contenuti propongono una certa varietà di atmosfere: le aperture melodiche della title track e gli evocativi grigiori di un’iniziale Memories, con la quale fa il paio una scura There is a Place dove compare la voce di Sara Lov. Quest’ultima elemento aggiunto e funzionale per l’economia dell’intero album, a differenza degli interventi di una Angela Baraldi meno incisiva e tagliente rispetto ad altre occasioni.
Maggiore profondità espressiva e coralità di intenti le si trovano in Rome e Spurios Love, brani in cui il flusso musicale si incanala in maniera corposa, mutevole e inevitabilmente coinvolgente. Con un binomio Good Luck e Time on Time da cui traspare pure della sana leggerezza.
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